Ulisse

Sangue. Ovunque. Le dita, rosse e unte, sono incollate all’elsa della spada; se volessi muoverle non credo ci riuscirei. Troppo sangue. Non mio, almeno non tutto. Avverto uno spiacevole prurito nella coscia, vediamo. Sì, quel piccolo ruscello rosso è mio. Sarà stato Agelao, era il più coraggioso. Ho quasi quarantatré anni, e ne ho disfatti tanti. Nemmeno venti guerrieri messi insieme hanno spedito tante anime al traghettatore. L’Ade attende il mio arrivo, per offrirmi un incubo eterno, senza speranza. Sì, le mie mani ne hanno disfatti così tanti, ma ancora di più la mia scaltrezza. Non si sentono più schiamazzi. Telemaco ha eseguito le mie istruzioni; gli ho chiesto di lasciarmi da solo un momento. Poi, la mia anziana nutrice annunzierà che il bagno è pronto. Penelope non può vedermi così. Penelope. Sono stato con altre donne, cercando di capire, con disperazione, se i loro abbracci erano dolci quanto i suoi. Non lo erano. Perché mi hai scelto, Penelope? Ti ho portato tanto dolore, non riuscirò a farti felice perché non sarò mai davvero con te, nemmeno quando dorma questa notte al tuo fianco. E’ questa la mia maledizione, la nostra: aspettarmi e rimpiangerti. Me ne andrò via di nuovo, e tu mi aspetterai ancora. So che lo farò, che, passato un tempo, tra un anno o forse dieci, salirò sul colle più alto di questa nostra piccola isola e guarderò il mare, chiedendomi cosa mi aspetta dall’altra parte. Me ne andrò e non tornerò mai più. E ti ricorderò, come ieri notte, quando la mia dea mi aveva trasformato in un vecchio mendicante e tu mi parlasti. “Dimmi cos’è stato di mio marito, straniero”. Tuo marito non dovrebbe essere mai nato.

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